L'orfanotrofio

Ospita in media 40 bambini da zero a tre-quattro anni, che vengono divisi per fasce di età in tre classi. Ci sono i lattanti da zero a un anno, gli intermedi da uno a due anni, i più grandi da due in poi fino a quando vengono riaffidati ai loro papà ed alle famiglie. I bambini che arrivano appartengono a religioni diverse. Ci sono Cattolici, Copti e Musulmani, che vengono accolti tutti con uguale affetto, indipendentemente dalla Fede dei loro padri. Quello che li accomuna è il fatto di avere perso la loro mamma, perlopiù nel momento della loro nascita.

Un gruppo di donne del villaggio lavora presso l'orfanotrofio per accudire i bambini, dividendosi tra i turni di giorno e quelli di notte in modo da garantire una assistenza continua. Per questo vivono tutto il giorno con loro, trascorrendo le giornate tra le grandi stanze che fanno anche da refettorio ed il cortile interno dove si gioca.

Perché arrivano cosi tanti bambini a questo orfanotrofio?
Perché la mortalità delle donne che partoriscono e cosi alta?

La presenza di quaranta bambini significa che sono morte di parto quaranta donne. Le cause sono da ricercarsi oltre che nella quasi totale assenza di una assistenza medico-infermieristica, nella considerevole quantità di tempo necessario per percorrere distanze per noi assolutamente insignificanti.
In Eritrea infatti le strade asfaltate, e cioè quelle dove passano i collegamenti dei pullman, si contano sulle dita di una mano. Tutto il resto del territorio è servito da semplici sentieri o nella migliore delle ipotesi da strade sterrate, alcune volte in buone condizioni, più spesso transitabili solo con un fuoristrada. Chi non possiede un fuoristrada, e cioè la popolazione intera, va comunemente a piedi.
Questo non scoraggia però la gente a muoversi. Con ai piedi un paio di ciabatte di gomma, si fanno 20, 30 chilometri per spostarsi da un villaggio all'altro, per andare a scuola (quando esiste) o al lavoro nei campi, per andare al mercato, o semplicemente per recarsi a trovare un parente.

Quando l'andata dura l'intera giornata, ci si ferma a dormire a casa di qualcuno e si ritorna il giorno seguente. L'ospitalità è semplice e sincera. Tanto per fare un esempio, quando le Suore da Hebo vanno per una commissione ad Asmara, che in realtà dista solo 80 Km, stanno fuori la notte, ospiti della locale Casa delle Figlie della Carità, e tornano l'indomani. In questa realtà rurale di così faticosi collegamenti si partorisce ovviamente in casa, dove l'unica assistenza è quella delle vicine che hanno magari già quattro, cinque, sei figli. L'unica accortezza, in vista di una imminente nascita, è quella di comperare una lametta da barba nuova per tagliare il cordone ombelicale del neonato. E' vero che anche in Italia fino a non molti decenni fa era solito partorire in casa, ma sicuramente questo avveniva in una situazione igienica e culturale assolutamente differente e l'assistenza medica era a portata di mano

Qui invece, qualsiasi imprevisto possa succedere in una capanna di fango uguale a tante altre nello sterminato territorio semidesertico eritreo, distante da tutto, è lì che deve essere risolto perché non c'è modo di farsi aiutare. Quando una madre muore, e quando il bambino non segue la sorte della madre, come purtroppo a volte avviene, e se manca anche il latte materno di un'altra donna del villaggio per alimentare il piccolo nato, tutto quello che resta da fare è che i parenti prendano in braccio il piccolo e affrontino la distanza che li separa dall'orfanotrofio a piedi o con mezzi di fortuna. Tuttalpiù possono cercare di nutrirlo lungo la strada dandogli da succhiare un po’ di zucchero avvolto in un fazzoletto.

Così, ci dicono le Suore, arrivano questi bimbi, spesso dopo più giorni di cammino. Arrivare qui significa per loro continuare a vivere. Per fortuna non per tutte le donne è così in Eritrea. A Saghaneiti, ad esempio, c'è un ambulatorio di maternità e infanzia dove le donne in attesa possono addirittura avere una ecografia del feto stampata in un elegante cartellina. Ma sono solo, purtroppo, una piccolissima minoranza.